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Lettera aperta al presidente del Centro studi del Partito Democratico

Caro Gianni, ho pensato di scrivere a te, quest’oggi, perchè ora tu rappresenti, nel nostro partito, una cultura condivisa, o la ricerca di questa -che c’è, a saperla cercare.
Ho pensato di scrivere a te, oggi, perchè sono passati giusti giusti 50 anni da quel 7 luglio del 60 in cui morirono a reggio emilia 5 compagni del PCI: a sparare loro addosso fu il governo -repubblicano, certo! però…- di allora.

E lo so che i fatti di quegli anni sono diversi da quelli di oggi. Eppure, vedi, io non ci riesco a pensare senza inquietudine, che un governo eletto con una maggioranza parlamentare, e quindi democratica, si metta a sbarrare la strada a comuni cittadini, colpiti da un terremoto -che certo non è colpa di nessuno, ma proprio per questo!- che vogliono andare a parlare col il capo del governo e con i rappresentanti del Parlamento. Quello stesso capo di governo e quella stessa maggioranza che proprio su questa vicenda ha fatto, prima, un gran chiasso a proprio vantaggio.
Un capo del governo che si barrica addirittura dentro il “suo palazzo”, e fa chiudere le porte dai gendarmi, come un re di fine secolo, forte di auto-potere e debole d’animo.

Mi è venuto da pensare alla storia dei 150 anni di questo paese. Un pensiero confuso, perchè io non sono tanto brava, nè tanto colta, e ho poca memoria -necessito dei libri per ricordare. Nella confusione di analisi, di roba, di frasi, di episodi, mi è venuto in mente che ogni tanto si riaffaccia, mai sopito davvero, una specie di mostro.
Sai, io diedi l’esame di maturità nel 1979: quell’anno uscì un tema, tra gli altri. Diceva: il sonno della ragione genera i mostri. E mi sembra come se questo sonno sia ciclico, un pò come il sonno naturale degli esseri viventi. Ma il sonno della ragione non può essere un sonno naturale, come quello normale, rigenerante, riposante, che segue il ritmo del giorno e della notte, per noi come per ogni altro essere vivente. Il sonno della ragione è un sonno procurato, voluto, programmato.

Nel secolo scorso, una novantina circa di anni fa, il mostro si palesò per ciò che era, e senza infingimenti: poi, ogni tanto, torna sotto altre sembianze, e prende forza se lo si lascia fare.
Metto insieme episodi forse diversi e anche soggettività, ma così mi viene ora di fare, e so che mi perdonerai per questo.
Nel settembre del 2001 persi in circostanze tragiche un mio carissimo e giovane amico, vissuto poco, ma abbastanza per poter raccontare una giornata vista in prima persona, a Genova, due mesi prima. Il suo fisico asciutto, così simile a quello di Carlo Giuliani, mi fece rabbrividire sulle prime immagini che arrivavano da lì: pensai sul serio che a terra ci fosse lui, e non dimenticherò mai quella sensazione, certo anche perchè il mio amico dopo due mesi morì davvero.
Mi chiedo: facemmo abbastanza dopo quei fatti, e i fatti della Diaz e Bolzaneto, e quelle ore drammatiche che seguirono?

Ancora. Prima, qualche anno prima. Le stragi sui treni, alle stazioni, nelle banche, nelle piazze. Facemmo abbastanza allora, sì. Svegliammo tutte e tutti -per certi episodi io ero ancora bambina, ma lo so che “appartengo” a chi -e a tutti quelli che- prima di me, si mise a far gran voce. Respingemmo il mostro. Una fatica enorme, e costò vite e sangue che oggi si scolora, purtroppo, sugli schermi al plasma delle nostre televisioni.

Potrei ancora dire di tutte le cose che mi si stanno affastellando nella mente, chessò, vedere in TV -ma non quella pubblica, no no- trasmissioni che ripropongono i temi dell’unità d’italia e del cammino di questo paese, così faticoso. Sentire che c’è qualcuno -150 anni dopo- che mette in dubbio un inizio, una storia collettiva – e questo è il sonno, ma il sonno profondo, eh?- della ragione che si riaffaccia.
Che stato d’animo inquieto che ho, e non è da me: il che rende tutto ancora più inquietante. Vorrei poter dire tutto questo a tutte e a tutti, con un quadro, una musica, una poesia, ma non ho alcun talento e devo accontentarmi delle parole, che in fondo, di loro, sono neutre.

Ti ho rubato già troppo tempo per dire cose senza una logica interna, credo. O forse no: una logica c’è, per quanto confusa. Con una conclusione: ricominciamo a svegliare tutte e tutti. So che lo possiamo fare.
Grazie se sei arrivato a leggere fin qui.

Eli, una che ha traslocato anche lei un pò di volte.

Primarie Sempre (che si facciano)

di Marco D’Angelo per iMille

Lo statuto del Partito Democratico è chiaro (art.1 comma 2):

Il Partito Democratico affida alla partecipazione di tutte le sue elettrici e di tutti i suoi elettori le decisioni fondamentali che riguardano l’indirizzo politico, l’elezione delle più importanti cariche interne, la scelta delle candidature per le principali cariche istituzionali.

Date le premesse, ti aspetteresti che per selezionare i candidati per le elezioni regionali, il PD le usasse largamente, invece cosa accade? Non vi è una sola regione dove sono previste con l’eccezione (forse!), oltre modo travagliata, della Puglia.

Gianni Cuperlo, uno di quelli bravi, ma bravi sul serio del partito, ha scritto un post molto interessante sulla questione.

C’è un passaggio particolarmente istruttivo nel suo discorso:

le “nostre” regole debbono, giocoforza, misurarsi con le regole degli altri. Facciamo un esempio: noi siamo per scegliere i candidati governatori con le primarie (lo abbiamo scolpito nello Statuto). In alcune realtà succede che per vincere (o almeno per competere) vi sia il bisogno di allargare la coalizione ad altri (l’Udc, certo, ma non solo. Penso ai nostri amici radicali per dire). E facciamo conto che questi altri (a torto o a ragione) siano contrari al ricorso alle elezioni primarie per la scelta del candidato o della candidata alla presidenza. Ecco, in questo caso che succede?

Succede che il presunto alleato, l’Unione delle Convenienze, condiziona le nostre scelte senza poi, però, sentirsi vincolato a nulla, visto che ha deciso, comunque, di schierarsi in tante di queste regioni con il Centro-DESTRA, lasciandoci a contare morti, feriti e contraddizioni (guardate il disastro pugliese).

La regola degli altri ha finito per diventare l’eccezione costante alla nostra regola. Abbiamo rinunciato a costruire candidature, portatrici di una legittimazione popolare e di un rapporto con il territorio. Abbiamo rinunciato ad avere programmi credibili, non costruiti a tavolino, ma sviluppati nell’ascolto di tutti. Abbiamo rinunciato alla forza di mobilitazione popolare che solo le Primarie possono dare alle candidature.

Ma non nascondiamoci dietro un dito. L’allergia alle primarie, indipendentemente dai C/casini procuratici dell’UDC, alcuni (tanti?) di noi ce l’hanno da sempre. Il caso emblematico è la Lombardia. Qui, di fronte alla sfida impossibile con il Formoloch che da ormai quindici anni tiene in pugno la regione, le Primarie dovevano essere la via maestra. Tanto più che l’Udc locale aveva, da subito, fatto capire che preferiva schierarsi con la PdL.

Invece la direzione del PD che fa? Candida, sua sponte, i pallidi dei minori del Pantheon bersaniano, i Penati. Quei Penati che, se volete, le loro brave “primarie” le avevano già perse – con le elezioni provinciali – lo scorso anno, dimostrando di non raccogliere tutto sto’ seguito tra i lombardi. Quegli stessi Penati, che in campagna congressuale, avevano richiamato il valore della razza pura degli “iscritti”, contro il meticciato degenere delle primarie.

Sarebbe lungo spiegare le ragioni di questa insofferenza e, onestamente non credo di possedere gli strumenti culturali per farlo. Ma so quale è l’idea svilente di Primarie che sta prevalendo in questa fase nel PD, persino in persone di spessore come Cuperlo:

abbiamo affidato a questo strumento (che tale rimane: uno strumento) delle prerogative superiori alle loro effettive potenzialità. In particolare la possibilità (o la speranza) che lo strumento in sé sia il grimaldello, la chiave vincente, per risolvere o districare complicate vicende politiche. Ma la politica raramente si fa gestire delegando altrove le sue responsabilità.

Insomma, Primarie in cantina. All’occasione, possono sempre essere rispolverate, come si fa con le luminarie a Natale, o con la brutta cornice d’argento che c’ha regalato zia Palmira, quando viene a trovarci.

Peccato che quel altrove cui fa riferimento Cuperlo, per come lo leggo io, sarebbe la democrazia diretta, in definitiva la principale novità del Partito Democratico. La via faticosa che, socialisti, post-comunisti, popolari, hanno scelto di intraprendere insieme, fondendo le loro storie per costruirne una più grande, rivolta al futuro.

E in questo progetto, la competizione onesta ma anche il confronto fattivo, tra classi dirigenti ed elettori, offerti dalle Primarie sono una tappa indispensabile. Ecco, perché se si crede nel Partito Democratico, non si può non credere nelle Primarie e nello spirito popolare che le alimenta. Lo stesso spirito di Robert Kennedy, citato da Thurston Clarke in The Last Campaign.

La vecchia caccia ai delegati non ha più senso. Noi andremo al popolo. E vinceremo.

Basta Zercar

Il PD visto da Gianni Cuperlo, nel suo nuovo libro.

Commenti post-primarie

Per prima cosa gli auguri a Bersani. Non lo attende un compito facile, ma è una persona solida, sa ascoltare e poi decidere. Nulla come la leadership è più difficile da valutare ex ante. Adesso che la responsabilità è stata certificata da milioni di elettori tocca a lui, non da solo certo, dar prova di forza e serenità. Se ho capito bene, oggi pomeriggio va a Prato a incontrare i lavoratori delle aziende in crisi. Ecco, è una partenza col piede giusto. Buon lavoro al Segretario del Pd.

Gianni Cuperlo

Eravamo 500, in quella sala. L’altro ieri, solo quattro mesi dopo, siamo stati quasi 500 mila a votare per Ignazio Marino. La missione, mi pare di poter rilevare senza tema di smentita, è stata sicuramente portata a termine con un successo imprevedibile e assolutamente clamoroso.

Ivan Scalfarotto

Bersani dice che non basta fare opposizione, bisogna essere alternativa. Sono d’accordo. Ma come una somma di opposizioni non fanno un’alternativa, una somma di alternative non fanno un cambiamento credibile. Credo che questo sia il nostro problema. Perche’ altrimenti possiamo tornare anche a vincere un’elezione e “mandarlo a casa”. Ma poi torna…

PS: consiglio la lettura di Salvati sul Corriere di oggi su bipolarismo e legge elettorale. Cosa penso del sistema tedesco credo di averlo scritto gia’, a piu’ riprese, su questo blog e altrove, tra il dicembre 2007 e il febbraio 2008. E siamo sempre li’.

Federica Mogherini

Confronto fra i candidati? Perché no?

La proposta di Pippo Civati per un confronto tra i candidati alla segreteria del Pd ha generato varie reazioni in rete, e non solo fra i “Marines”. Gianni Cuperlo e Pietro Raffa, bersaniani, si schierano per il confronto. Stessa cosa fanno vari blogger più o meno importanti, da Alessandro Gilioli a Massimo Marini, da Francesco Costa ad Andrea Mollica. Gabriele Zamparini, infine, propone anche vari mezzi per far gonfiare la protesta.