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La spiaggia multietnica

da TheFrontpage

La spiaggia è veramente un luogo magico. Con i piedi piantati sulla sabbia romagnola tutti gli uomini diventano uguali, qualunque sia il ceto di appartenenza, la religione professata, la posizione nella società, ed anche l’origine etnica o culturale. Sulla sabbia, alla fine, è più facile volersi bene.

Vado al mare al BBK a Marina di Ravenna, dove finiscono per specchiarsi i colori e le suggestioni di ogni angolo del globo. Una volta al mare venivano i tedeschi, oggi è tutto il mondo a correre sulla sabbia romagnola. Fermandosi su un lettino incastrato fra il mare e la passerella in un qualunque pomeriggio d’estate si ha infatti occasione di mettersi a confronto con tutte le culture. Ho la fortuna di essere amico di due ragazzi brasiliani che lavorano lì come bagnini e che mi stanno insegnando il portoghese in vista di una visita a Rio, e di un giovane bagnino albanese alle prese con il proprio futuro.

Parlando con i clienti si finisce per confrontarsi con la nettezza piena di buon senso degli argentini, con l’intelligenza di un ragazzo italo-libico, o con la fantasia e l’esperienza del maitre francese. Nei momenti di noia si possono apprezzare le curve di meravigliose ragazze marocchine che prendono il sole, senza che nessuno rompa loro le scatole per motivi di morale religiosa. Tanto che mi è venuta persino voglia di visitare Casablanca, dopo aver parlato con un ragazzo originario di là. Conosciuto ovviamente in spiaggia.

Un pomeriggio sono apparsi anche alcuni ragazzi cinesi, fra cui spiccava una bellezza femminile esotica che ci invitava a volgere gli occhi verso Oriente. Gli occhi si possono anche lustrare sulla splendida barista cubana, sulle sudamericane, rumene o russe che appaiono di tanto in tanto a prendere il sole, o su un paio di bellissime ragazze croate che hanno attraversato l’Adriatico per allietarci con la loro bellezza. Il tutto intercalato dalle apparizioni di venditori ambulanti senegalesi o indiani che tentano con inspiegabile tenacia di smerciare oggetti improponibili. Senza dimenticare il sottofondo di qualunque conversazione costituito dai continui improperi lanciati al cielo in rigoroso dialetto romagnolo dai tanti ravennati che come lucertole rispondono al richiamo del sole e finiscono a sudare in un qualche campo da beach tennis.

In tutto questo resta rigorosamente riservato lo spazio per la figura mitologica del bagnino romagnolo “vecchio stampo” – con tutto ciò che questo stereotipo implica –, uno sulla torretta di salvataggio, e l’altro fra lettini ed ombrelloni. Entrambi romagnoli DOC. Perché poi il substrato su cui tutto è impiantato è quello, una società romagnola aperta ed accogliente, che ha visto lontano sin da tempi antichi.

Confesso che stando sulla nostra sabbia ho rivisto radicalmente alcuni dei sapori cupi con cui vedevo il futuro di questo Paese, e ho ripulito da molte amarezze la prospettiva da cui vedevo il tema dell’immigrazione. Con i piedi in spiaggia ho conosciuto brave persone venute nel nostro Paese a lavorare, ho sentito storie affascinanti, a volte tristi a volte piene di brio, che mi hanno regalato un mosaico di umanità meraviglioso che prima non vedevo.

Ci deve essere qualcosa di terapeutico nei granellini di sabbia, qualcosa che smuove energie e fa fluire i pensieri. Con questo è chiaro che ci sono anche criminali venuti da ogni parte del globo a delinquere in Italia, ma forse siamo abituati a focalizzarci più su quelli che sulle tante brave persone venute da noi a costruirsi un futuro, le quali magari saranno più silenziose, ma di certo più ricche di storie, piccole e grandi, da raccontare. Tutti sappiamo che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. La sabbia forse aiuta proprio a fare questo: ascoltare gli alberi che crescono, ciascuno secondo la propria cultura, civiltà ed inclinazione.

Chissà se, finita l’estate e rimessi i piedi sul cemento, le differenze che stando in spiaggia sembrano così lievi finiranno per farsi sentire in modo doloroso. Stando così le cose però una soluzione per tutti i problemi di integrazione l’abbiamo trovata: ricopriamo di sabbia il mondo e facciamolo diventare una grande spiaggia romagnola. E tutti alla fine ci sentiremo un po’ più uguali.

I non-tedeschi sono i più tedeschi di tutti*

Distanti Saluti

Youssef Bassal, 39 anni, tedesco di origine libanese e appassionato di calcio, è impazzito di gioia per le prestazioni della nazionale tedesca e ha appeso una bandiera gigante fuori dal suo negozio di cellulari a Berlino.

Alcuni ragazzi hanno strappato la bandiera e Bassal ne ha messa un’altra. I ragazzi sono tornati a distruggerla. Neonazisti? No, sono militanti di estrema sinistra che non hanno nulla contro Bassal ma non sopportano i simboli nazionali tedeschi. Purtroppo per loro, Bassal è una persona ostinata e nessuno può impedirgli di tifare per la sua squadra. Con tre dei suoi amici, ha organizzato la resistenza.

Lo spettacolo è surreale: immigrati turchi, libanesi ed egiziani montano la guardia notte e giorno a una bandiera tedesca che i tedeschi vogliono distruggere! Al centro della contesa c’è una squadra di calcio in cui 11 dei 23 giocatori sono, come Bassal, di origine straniera. In Francia o nei Paesi Bassi è una cosa normale, ma per la Germania è una novità. Qualche anno fa un dirigente della Bundesliga ha dichiarato con una punta di disprezzo che la Francia senza le sue ex colonie non sarebbe mai diventata campione del mondo.

Forse oggi questo dirigente capisce meglio le virtù della diversità, vedendo all’opera i “polacchi” Klose e Podolsky o giocatori come Boateng, Özil e Khedira originari rispettivamente del Ghana, della Turchia e della Tunisia. Ironia della sorte, la Germania ha scelto il paese di Nelson Mandela per diventare una nazione arcobaleno.

Boubacar Boris Diop

Tutti tedeschi appassionatamente

da I mondiali come non li avete mai letti

L’integrazione, la miscela di differenti culture, sono il vero punto di forza della nazionale di calcio della Germania che insegue il sogno mondiale”.

Sono parole di Franz Beckenbauer che, con la nazionale tedesca,  è riuscito a vincere i Mondiali sia da calciatore che da allenatore. Una nazionale che, come spiega il Kaiser, attualmente è lo specchio della grande integrazione che ha cambiato il volto della popolazione tedesca. I vari Podolski, Ozil, Klose, Cacau e via discorrendo sono lì a testimoniarlo. Poi uno osserva la nazionale italiana. E la questione inizia a farsi interessante.

Se incontriamo l’Algeria, tifano per loro?

Ok, le figuracce mondiali non riguardano solo lo sport. Ok, un’Italia multietnica come la nazionale tedesca ce la sogniamo. Ma non c’è bisogno di essere patrioti per giudicare ridicola e insignificante la posizione di sedicenti “separatisti” che tifano contro la loro nazionale, soprattutto se poi gli stessi leghisti disertano il Parlamento per correre davanti alla tv quando ci sono le partite.