I nuovi nemici dei reduci dell’Iraq

da Internazionale

Rientrare dalla guerra può essere più rischioso che rimanerci. Almeno è quel che si può pensare leggendo le cifre su alcuni reduci dell’Iraq.

La quarta brigata della prima divisione armata, rientrata dall’Iraq nel 2008, ha avuto un solo morto in un anno di guerra. In poco più di un anno dal ritorno a casa, invece, sette soldati hanno perso la vita in maniera violenta (suicidio, droga, risse, incidenti causati dall’alcol) e sei hanno commesso crimini, causando la morte di almeno altre quattro persone.

Adesso che gli Stati Uniti stanno riducendo drasticamente il numero delle truppe in Iraq, scrive il New York Times, è importante che si cominci a pensare anche a come assicurare una buona transizione ai soldati che rientrano. “Queste sono persone che hanno passato 14 mesi a lottare, uccidere e correre rischi. Non si può semplicemente accenderli e spegnerli”, spiega il sergente maggiore Sa’eed Mustafa.

A Fort Bliss, i comandanti della quarta brigata di ritorno dall’Iraq si sono resi conto della necessità di accompagnare i soldati in questo percorso di rientro. Hanno sostituito un approccio più delicato ai vecchi metodi duri che non tenevano conto di problemi come stress da combattimento e traumi. Oggi alla base è sempre presente un consulente civile, gli ufficiali devono frequentare un corso di prevenzione al suicidio e sono invitati a osservare e parlare con i loro soldati per conoscere la loro vita privata.

Nei tre mesi dall’inizio di questo programma, i crimini sono drasticamente diminuiti e i più gravi sono stati tre arresti per guida in stato di ebrezza. I comandanti di Fort Bliss si augurano che la loro esperienza possa essere di esempio per tutto l’esercito.

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